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tribumondo: un antico ideale per un nuovo assetto mondiale

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001_ L’IDIOMA UFFICIALE

(tempo di lettura 10 minuti circa)

 

Perché idioma e non lingua?

 

L'IDIOMA è "Lingua peculiare di una nazione (con una sottolineatura enfatica)."

 

In molte culture, l'insieme delle parole e delle regole che ne disciplinano l'uso è chiamato lingua; perché?

 

Attualmente sappiamo che l'organo principale ai fini della FONAZIONE (La produzione di suoni o rumori per mezzo degli organi vocali), ossia l'esprimersi vocalmente, non è la lingua ma sono le corde vocali; conseguentemente, se in epoca molto remota la "cosa" è stata chiamata lingua, i motivi non possono che essere due, e cioè:

  • O non si sapeva dell'esistenza eo della funzione delle corde vocali, per cui era facile cadere nell'errore di credere che il merito della fonazione era della lingua;

  • Oppure a non saperlo era colui che ha dato il nome alla "cosa" il quale, pertanto, non era sufficientemente qualificato per farlo.

Se si cerca il significato della parola LINGUA, nel senso dell'idioma parlato eo* scritto, i vocabolari spiegano che essa è l' "Insieme di convenzioni (fonetiche e morfologiche, rispetto alla forma, sintattiche e lessicali, rispetto al significato) necessarie per la comunicazione orale e l'espressione scritta fra i singoli appartenenti a una comunità etnica, politica, sociale, consacrate dalla storia, dal prestigio degli autori, dal consenso dei componenti della comunità.

 

Una delle critiche che farò spesso al vocabolario è che essendo il suo compito quello di spiegare a chi non sa, e non potendo sapere in anticipo la capacità di capire dei propri consultatori, esso dovrebbe esprimersi nel modo più elementare possibile; secondo voi, leggendo "convenzioni (fonetiche e morfologiche, rispetto alla forma, sintattiche e lessicali, rispetto al significato), un ragazzino normale tra gli otto e i dieci anni, cosa capisce? E leggendo "consacrate dalla storia, dal prestigio degli autori, dal consenso dei componenti della comunità", che cosa capisce?

 

Io non sono un vocabolarista, ma se avessi dovuto scriverle io, le definizioni di idioma e di lingua sarebbero le stesse, e cioè 'L'insieme delle parole, e delle regole che ne disciplinano l'uso, che i componenti di un aggruppamento umano adottano per comunicare tra loro."
Per quello che riguarda il "consacrate dalla storia, dal prestigio degli autori, dal consenso dei componenti della comunità", credo che quello che il vocabolarista vuole intendere è che l'adozione avviene nel tempo (la storia), in base al prestigio di cui godono coloro che introducono delle novità eo dei cambiamenti; ed al gradimento (consenso) dei componenti della comunità, e quindi soprattutto di noi gente comune che siamo la maggioranza.

 

Fin dalla notte dei tempi, noi gente abbiamo dato e continuiamo a dare dei nomi non solo alle cose della cui esistenza siamo certi, ma anche a quelle che non sappiamo ancora se esistono o addirittura sappiamo che non esistono(!); questi nomi, poi, vengono inseriti nei vocabolari con accanto la spiegazione di in che cosa consistono.

 

Non so quanti se ne rendono conto, ma a seguito di quanto sopra, i vocabolari diventano dei documenti di enorme importanza perché finiscono per essere la fotografia della realtà, non tanto per quello che riguarda la quantità di ogni tipo di cose, ma per quello che riguarda la quantità di tipi cose che la compongono, e soprattutto per quelo che riguarda la spiegazione di in che cosa consitono le cose di ciascun tipo.

 

Come sappiamo, l'espressione "IN REALTÀ" significa "di fatto", per cui significa anche "in verità"; ma chi controlla, se e quanto, quello che i vocabolari scrivono nelle loro definizioni, corrisponde effettivamente al vero?
Com'è risaputo, noi dei polidi* degli stati moderni riteniamo di essere delle società civili; tralasciando il significato della parola civiltà, perché il suo esame ci porterebbe lontano, il vocabolario afferma che la SOCIETÀ è "Organizzazione di persone che si riuniscono per cooperare a un fine comune."; dove COOPERARE significa "Operare insieme con altri, contribuire attivamente al conseguimento di un fine."; se si cerca il significato di PLURALISMO, però, il medesimo vocabolario afferma che esso è "Indirizzo politico-sociale che, partendo dalla constatazione dell'esistenza nella società di forze o classi di diversa ispirazione e miranti ad obiettivi diversi . ."; e dunque, che cosa siamo: una società o un'arena gladiatoria?
Come spero di aver reso l'idea, attribuire un significato ad una parola non solo non è una cosa banale, ma è invece una cosa importantissima; se siamo, o comunque vogliamo essere una società, possiamo tanto meno mirare ad obiettivi diversi quanto più, essi, sono conflittuali; se invece vogliamo poter mirare ad obiettivi diversi, allora non possiamo pretendere di chiamarci società.
Come vedremo a tempo e luogo, il significato etimologico della parola GOVERNARE è "reggere il timone"; ma come mi pare ampiamente ovvio, governare consiste innanzitutto nel padroneggiare, alias nell'avere il controllo delle situazioni; e se sono riuscito a renderne evidente l'enorme importanza, la prima cosa di cui i governanti di una società devono avere il controllo è il loro IDIOMA UFFICIALE, o no?

 

La legge 482 del 15 dicembre 1999, al suo art. 1, stabilisce che "La lingua ufficiale della Repubblica è l'italiano.", ma chi stabilisce qual è l'italiano? Chi ne sorveglia l'uso? Chi ne sanziona le inosservanze?

 

Una legge che non prevede sanzioni per il proprio mancato rispetto che legge è?
In realtà, la legge 482 del 15 dicembre 1999, è stata voluta da chi voleva disciplinare l'uso dei propri idiomi da parte delle minoranze etniche; ma l'attuale uso fatuo, incontrollato e sempre più massiccio delle parole anglofone chi lo controlla?

 

A fronte di quanto sopra, l’IDIOMA UFFICIALE della Repubblica italiana è l’italiano; ma qual è l’idioma italiano, a sua volta, non può scaturire dai comportamenti di singole persone o di singoli gruppi variamente influenti, che perseguono ciascuno i propri obiettivi in modo scoordinato, dei quali non è dato sapere se e quanto coincidono col bene comune o se e quanto coincidono col bene di chi li persegue; pertanto la cosa da fare al più presto è assumere il controllo della situazione attraverso l'istituzione di un CONSERVATORE DELLA LINGUA UFFICIALE coi compiti di:

  • Redigere il vocabolario delle parole dell’idioma ufficiale ed il testo della grammatica dell’idioma ufficiale;

  • Provvedere a rendere l’idioma ufficiale sempre più rispondente all’uso e quindi sempre più univoco sia per quello che riguarda il modo di pronunciare le parole, sia i loro significati;

  • Inventare o comporre le parole nuove che si rendono viavia necessarie, o anche solo opportune, sia per dare un nome a cose nuove, sia per rispondere a nuove esigenze espressive, sia per rendere disponibile il più ricco assortimento di isonimi*, sinonimi* e similnonimi*, al fine di rendere l’idioma ricco di vocaboli, scorrevole, facile da capire.

Gli idiomi si evolvono ed è buona cosa che lo facciano, ma quanto più si vogliono conservare le proprie origini, le proprie tradizioni e la propria identità culturale, tanto più bisogna impedire che la contaminazione porti a parlare un unico idioma, risultato del miscuglio incontrollato di più idiomi, con prevalenza dell’idioma egemone di turno, ma soprattutto con grave pericolo di perdita degli idiomi d’origine; a tale proposito quindi sarà compito del Conservatore dell’idioma ufficiale:

  • Recepire le parole nuove eo di provenienza straniera, verificarne la rispondenza con la vera essenza di ciò che vogliono intendere, renderle conformi alle regole della grammatica ufficiale eo, ove giustificato da valide ragioni, modificare opportunamente le regole grammaticali eo introdurne delle nuove.
  • Vigilare affinché l’obbligo di utilizzare l’idioma ufficiale sia rispettato da tutti gli aventi dovere di farlo, ossia da ogni istituzione dello stato e da ogni percettore di finanziamenti civici.

Quanto sopra non significa che i suddetti soggetti non possano parlare altri idiomi, ma devono farlo per valide ragioni e parlandoli comunque uno per volta, al preciso scopo di prevenire contaminazioni e derive incontrollate.

Le singole persone ed i singoli sodalizi sono ovviamente liberi di usare l’idioma che preferiscono, a patto di non interferire con quanto stabilito ai punti precedenti.

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