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tribumondo: un antico ideale per un nuovo assetto mondiale

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Da quale pulpito viene la predica

 

(tempo di lettura 5 minuti circa)

 

Per onestà devo far presente che la foto risale al 2012, e non ne metto una più recente sia perché non ne ho una in cui appaio altrettanto "ispirato", sia per non offendere la vostra vista.

A mio parere, e spero che sarete d'accordo con me, le cose vanno valutate e giudicate non in base a chi le dice o le fa ma per sé stesse, ossia in base alla loro essenza; tuttavia, anche la reputazione, e quindi il credito di chi le dice o le fa ha un suo peso, e questo è il perché mi sono sentito in dovere di raccontarvi chi sono.

 

Il mio nome è Vincenzo ed il mio cognome è GERARDI.

 

Sono nato in un paesone agricolo chiamato Canosa di Puglia il 1/3/1953.

 

Il mio titolo di studio è il diploma di media inferiore conseguito nel giugno del 1967.

 

Subito dopo aver sostenuto l'esame, e quindi all’età di 14 anni e qualche mese, sono stato trapiantato dalla Puglia al Piemonte, nella fattispecie a Torino, ed ho cominciato a lavorare in una bottega come apprendista elettricista, tubista, idraulico, lattoniere, gasista, bruciatorista, vetraio, e chi più ne ha più ne metta.

 

Tre anni più tardi, dopo essermi un po’ ripreso dal trauma (shock nc), pur continuando a lavorare, ho frequentato per circa due anni un corso professionale serale per impiantista elettricista, apprendendo le nozioni tecniche fondamentali che mi sono poi state estremamente utili nel prosieguo della carriera lavorativa, ma svegliarsi al mattino alle 6 per 6 giorni alla settimana, per andare al lavoro e tornare a casa alle 19, e per 5 di quei giorni, dopo aver cenato, andare a scuola e tornare a casa alle 23:30, si è rivelato troppo duro per me, per cui non ho avuto la costanza necessaria, e mi sono ritirato prima di completare il triennio che mi sarebbe valso il diploma.

 

Col tempo ho cambiato posto di lavoro, ed in quello dove sono rimasto più a lungo (32 anni) ho scalato le qualifiche arrivando a quella di quadro (intermedio tra impiegato e dirigente).

 

Sono andato in pensione nel gennaio del 2010 a 57 anni d’età con oltre 42 anni di contribuzione, ma se ci fosse stata la possibilità avrei potuto, ed anche voluto, continuare a lavorare, perché mi è sempre parso brutto andare a riposo quando si è ancora in buona efficienza fisica, quindi con una buona prospettiva di vita, e con un buon trattamento patrimonico, e quindi anche con la prospettiva di pesare a lungo sulle spalle dei nostri figli (io ne ho una).

 

Ora sono un “libero pensatore”, anzi mi piacerebbe esserlo, sono il manutentore di fiducia del parentado, coltivo l’orto, e fino al 2022 ho svolto anche un'attività di volontariato che attualmente ho sospeso.

 

In realtà, tanto lo scrivere quanto l'amministrazione di questo sito sono anch'esse delle attività di volontariato che, come chiarisco in Per saperne di più, e meglio ancora ne  I cervelli dormienti, mira ad intervenire sulle cause che rendono necessario il volontariato, e non solo a lenire i loro effetti.

 

Ora che vi ho raccontato che non sono un luminare in nessuna delle materie che tratto sia nei miei scritti che in questo sito, spero che vorrete ugualmente starmi a sentire, anzi starmi a leggere.

 

Per saperne di più

 

(tempo di lettura 6 minuti circa)

 

Alla veneranda età di 70 anni, (meglio tardi che mai), dopo aver guardato in televisione il personaggio telefilmico del Good doctor, un giovane medico autistico, non ho più dubbi sul mio non essere mai stato normale, nel senso di nella norma, ma di essere moderatamente autistico.

 

Da quello che ho potuto apprendere, anche da cinematografi (film nc) come Rain man (L’uomo della pioggia), gli autistici sono persone tanto più geniali in qualcosa in particolare, e tanto più idiote in tutte le altre, quanto maggiore è il loro autismo.

 

Un’altra particolarità degli autistici è che essendo particolarmente logici e razionali sono quasi incapaci di mentire, e quindi anche di fingere, cosa che li rende restii alle cosiddette convenzioni sociali, tanto più quanto più sconfinano nell’ipocrisia; la loro logicità, infine, rende gli autistici più obiettivi, e quindi maggiormente capaci di vedere le cose per quello che effettivamente sono.

 

Il risultato di quanto sopra è che, sia pure benevolmente, sono stato spesso accusato, di essere troppo razionale; ma si può essere troppo razionali, troppo logici, troppo consequenziali? Ovvero, possono queste caratteristiche, a mio parere positive, diventare negative e conseguentemente, i loro inversi, cioè l’irrazionalità, l’illogicità e la sconclusionatezza diventare positive?

 

Io non lo credo, ossia io credo che ci si possa benissimo comportare in modo consapevolmente irrazionale, illogico e sconclusionato, tanto più quanto più essere permanentemente perfetti è impossibile, sia perché la perfezione non è di questo mondo, sia, soprattutto, perché essendo un comportamento contrario alla nostra indole egoista, pigra e godereccia, comportarsi in modo sempre irreprensibile è troppo faticoso, per cui abbiamo un effettivo, e persino fisiologico, ergo giusto bisogno di prenderci delle pause; come mi pare abbastanza evidente, però, un conto è farlo consapevolmente, quindi evitando di nuocere a se stessi, e soprattutto agli altri, o facendolo il meno possibile, e tutt’altro conto è non esserne consapevoli, e quindi comportarsi come un bambino con in mano una pistola carica, che spara all’impazzata senza rendersi conto di quello che fa.

 

In definitiva, io non so se sono un genio, anzi, non credo di esserlo, però, fin dai primi anni giovanili, ho capito una cosa della quale la stragrande maggioranza di noi gente sembra non accorgersi, o non voler capire, e cioè che la principale causa dei mali di cui ci lamentiamo siamo noi.

 

Con siamo noi,  non intendo che ognuno fa del male a se stesso, ma che tutti noi, nell’intento di tirare ciascuno la maggiore quantità possibile di acqua al proprio mulino, come minimo ci ostacoliamo reciprocamente, e come massimo ci facciamo del male vero e proprio per cui, al tirare delle somme, mentre un numero ristretto di scaltri riesce a fare molto più male di quanto ne subisce, quindi ad avvantaggiarsi sugli altri, riuscendo così a raggiungere una condizione di maggiore benessere, alias ricchezza, un numero viavia crescente, subisce più male di quanto ne fa, tanto di più quanto più, invece di sopravanzare gli altri, come vorrebbe fare, viene invece sopravanzato.

 

Qualche lettore starà pensando che coloro che si arricchiscono senza violare le leggi, più che dei malfattori, sono dei benefattori perché, grazie alla loro intraprendenza, e nel loro avvalersi degli altri, danno ad essi del lavoro, quindi la possibilità di avere un reddito, e quindi la possibilità di sopravvivere, vivere e persino di prosperare.

 

Questo sarebbe del tutto vero, o quasi*, se gli intraprendenti, si moderassero nel beneficiare se stessi, e quindi nell’approfittare degli altri, cosa che avviene solo in rarissimi casi, mentre nella stragrande maggioranza dei casi avviene ciò che ho scritto qualche riga più in su, e cioè che la stragrande maggioranza di noi gente mira sempre, o quasi, a tirare al proprio mulino non la quantità d’acqua di cui ha bisogno, ma la maggiore possibile.

 

Se immaginiamo il nostro Pianeta come una grande mensa, e tutti noi esseri viventi come i commensali, risulta più evidente che chi si appropria di una porzione di beni più grande di quella che gli spetterebbe in base a quanti siamo ed a quanto è grosso, di fatto, si appropria in tutto o in parte della porzione eo quota spettante a qualcun’altro che, pertanto, ne viene defraudato.

 

Per argomentare la suddetta tesi ho scritto un libro dal titolo La Politica Naïf, sottotitolo La Rivoluzione Lenta, nel quale ho affermato che l’intero mondo del volontariato e della beneficienza, o quasi, mentre da un lato si prodiga, o sembra prodigarsi, per lenire le sofferenze della gente, dall’altro poco o nulla fa per combatterne le cause, ove possibile; conseguentemente, questa mia attività di scrittura e divulgazione, che io svolgo senza ricavarne alcun reddito, ed anzi accollandomi qualche spesa, è il mio modo di combattere non gli effetti ma le cause, non tanto dei mali di cui ci lamentiamo noi abitanti delle polis* consumiste, anzi sciupone, quanto le sofferenze degli abitanti dei paesi poveri veramente, alle cause della cui povertà, diversamente da ciò che molti di noi credono, non siamo affatto estranei!

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