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tribumondo: un antico ideale per un nuovo assetto mondiale

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I CERVELLI DORMIENTI

(tempo totale di lettura 22 minuti circa)

LA TELA DI PENELOPE

 

Per chi non lo sapesse, Penelope fu la moglie di Ulisse, re dell’isola greca di Itaca , che fu dato per morto a causa del suo mancato ritorno da Troia.

 

A seguito di quanto sopra, un gruppo di pretendenti chiamati Proci si presentò ad Itaca, ognuno con l’intento di sposare Penelope e prendere il posto di Ulisse sia nel suo letto sia come re di Itaca.

 

Penelope, stoicamente innamorata di suo marito, rifiutava l’idea che fosse morto, e per prendere tempo rese noto ai Proci che avrebbe atteso il ritorno di Ulisse fino a quando non avrebbe ultimato la tela che stava tessendo, dopo di ché avrebbe preso in marito uno di loro; ma siccome il lavoro procedeva troppo rapidamente, Penelope di giorno tesseva e di notte disfaceva quello che aveva tessuto durante il giorno, per cui la tessitura non finiva mai.

 

Questo è il perché, a fronte di qualcosa che va avanti da tempo, e che sembra non dover avere mai fine, si suole rievocare “la tela di Penelope”.

La sconclusionatezza del volontariato e della beneficienza

(tempo di lettura 1,5 minuti circa)

 

Alcuni messaggi pubblicitari trasmessi dalle televisioni ci mostrano immagini strazianti di bambini affetti dai mali più atroci, sofferenti o addirittura agonizzanti, e ci invitano a donare non 10 € che, essendo una cifra tonda, parrebbe essere la più logica, ma 9 €, utilizzando così quasi lo stesso espediente che usano i supermercati i quali, per farci sembrare  un prodotto meno caro, invece che a 10 €, lo vendono a  9,99; quell'espediente, però, altro non è che un inganno!

 

A fronte di quanto sopra, le domande che io mi pongo sono:

  • Considerato che chi fa beneficienza dovrebbe essere una persona buona, e quindi onesta, ricorrere all’inganno per rastrellare delle donazioni quanto è etico, ossia onesto?
  • Nei paesi poveri del mondo, ed in particolare in quelli dell’Africa, si fa beneficienza fin dagli inizi del 1900, e forse addirittura da prima, eppure la vita dei loro abitanti sembra non essere cambiata, ovvero continuano a morire per malnutrizione, fame o addirittura sete, nonché per malattie che nei nostri paesi ricchi sono curabilissime;

e dunque, quel fiume di denaro, o presunto tale, che viene donato, che fine fa?

 

Ma la domanda più importante che mi pongo è: ogni effetto ha delle cause per cui, quanto più si desidera far sparire gli effetti, tanto più, quelle che si devono combattere sono le cause; e dunque, per combattere le cause di quelle morti per malnutrizione, fame, sete e malattie per noi curabilissime, che cosa si fa? 

Le cause e gli effetti

(tempo di lettura 1,5 minuti circa)

 

Notoriamente, la causa della fame in paesi come p.e. l’Eritrea è la scarsità dei raccolti in agricoltura, cosa dovuta, tra l'altro, all’aridità dei territori.

 a A provocare l’inquinamento atmosferico siamo noi paesi consumisti; ma il consumismo, senza i consumisti, non può             esistere.
b A provocare o accrescere l’aridità dei territori sono le siccità;
c A provocare le siccità sono anche i mutamenti climatici;
d A provocare i mutamenti climatici è l’inquinamento atmosferico;

 

. . . e dunque, i consumisti chi sono?

 

Ebbene, i consumisti siamo noi abitanti del paesi ricchi del mondo, cosiddetti economicamente avanzati che, pertanto, prima elargiamo ai paesi poveri l’inquinamento e le siccità, ossia le condizioni che li portano a soffrire la malnutrizione, la fame e la sete che, a loro volta, debilitano e facilitano le malattie, e poi li soccorriamo con la beneficienza; e questo causare il male da un lato e lenirlo dall’altro, non equivale a fare quello che faceva Penelope con la sua tela, ossia fare in modo che la cosa non abbia mai fine?

I cervelli dormienti . . . o anestetizzati?

(tempo di lettura 5 minuti circa)

 

Il 5 gennaio 2023 sono andato al supermercato, nelle vicinanze del cui ingresso vi era una postazione con tre giovani che, come si capiva lontano un miglio, svolgevano opera di sensibilizzazione in favore di un’associazione di beneficienza che ho poi scoperto essere di fama mondiale.

 

Ovviamente, uno di loro ha provato ad agganciarmi ed io, dopo averlo informato che faccio già del volontariato, per cui non credo di avere un particolare bisogno di essere sensibilizzato, gli ho proposto quattro domande alle quali egli, senza nessuna pressione da parte mia, mi ha dato le quattro risposte di cui ai punti da a a d del § precedente; a quel punto gli ho posto la domanda cruciale: “Cos’è meglio, prima fare il male e poi fare il bene per porvi rimedio, o prima astenersi dal fare il male e poi provare a porre rimedio al male residuo?”

 

La risposta è stata: “Ma noi non siamo lo stato!” Come se per smettere di essere dei consumisti, o per sforzarsi di esserlo di meno, ci fosse bisogno di una legge!

 

A quel punto ho sollecitato il ragazzo a riflettere su quello che gli avevo detto e sono andato a fare i miei acquisti.

 

Nel frattempo, una ragazza del gruppo aveva assistito al nostro dialogo, guardandomi con la stessa aria con la quale chi crede di sapere molto di più guarda qualcuno che a suo parere sa molto di meno; io però sto per compiere il mio settantesimo anno di vita, mentre lei ne avrà avuti una ventina.

 

Ai tempi in cui sono stato educato io, ai giovani veniva insegnato che gli anziani eo i vecchi vanno trattati con deferenza, e possibilmente ascoltati attentamente, e non guardati con aria di sufficienza, o peggio di superiorità.

 

Dopo aver fatto gli acquisti, per tornare all’auto, ho dovuto di nuovo passare nelle vicinanze della postazione, e la ragazza che mi guardava con sufficienza, non so perché, non c’era più.

 

Il terzo elemento del gruppo, una ragazza che durante la chiacchierata precedente era in tutt’altre faccende affaccendata, ha provato ad agganciarmi, ma il giovanotto col quale avevo interloquito in precedenza è intervenuto, e prima che aprisse bocca lei, perspicacemente, aveva giàcapito che io ero quello squinternato di prima che poneva domande trabocchettoJ.

 

Io, comunque, non mi sono fatto sfuggire l’occasione, e le ho domandato: “tra fare prima il male e poi porvi rimedio, ed astenersi dal fare il male, cos’è meglio?”

 

La sua risposta è stata: “Non lo so”, e la mia replica è stata: “Prova a rifletterci”.

 

Poi, però, una riflessione l’ho fatta anch’io, e cioè:

 

Noi gente, geneticamente, siamo gli stessi da circa 200 mila anni; ai tempi di mio padre, però, la scolarizzazione era bassissima, per cui le possibilità che degli insegnanti aiutassero i giovani a sviluppare le loro facoltà mentali erano scarsissime.

 

Ai miei tempi, conseguire la licenza media inferiore era il minimo sindacale, in quanto la scuola dell’obbligo prevedeva otto anni di frequenza; ma i genitori erano quelli della generazione di mio padre, quindi poco scolarizzati e quindi poco in grado di supportare ed integrare l’istruzione impartita dalle scuole.

 

Ora, mia figlia è diplomata e molti suoi coetanei sono laureati, ed i ragazzi di cui sopra sono i loro figli; e dunque, se essi vanno in difficoltà di fronte ai ragionamenti ed alle riflessioni che io ho proposto loro, che cosa si deve concludere?

 

A mio parere, quello che si deve concludere è:

  • O che io sono un genio, cosa che non credo di essere;

  • O che noi umani siamo molto meno intelligenti di quello che ci raccontiamo, cosa che mi pare un po’ più vicina alla realtà;

  • Oppure che nelle nostre scuole, ma forse anche nel resto dei paesi ricchi del mondo, i cervelli, invece di essere risvegliati, vengono anestetizzati, cosa che mi sembra ancor più vicina alla realtà! 

Il problema

(tempo di lettura 1 minuto circa)

 

Se si cerca il significato della parola problema, i vocabolari recano due definizioni; la prima è “Quesito che attende una soluzione.”; e la seconda è “Difficoltà che richiede un adattamento o un comportamento particolare, o di cui si impone il superamento.”

 

A mio parere, quello di cui sopra è tanto più una difficoltà di cui si impone il superamento quanto più si tiene conto:

  • Che se non interrompiamo la corsa allo sviluppo & benessere crescenti all’infinito, non solo i mutamenti climatici saranno irreversibili, ma desertificheremo il Pianeta;
  • Che noi abitanti della terra stiamo per raggiungere la quota di 8 miliardi;
  • Che a consumare più risorse di quante il Pianeta ce ne può dare siamo meno della metà dei terrestri;
  • Che i rimanenti terrestri, molto comprensibilmente, premono per unirsi al nostro festino;

e dunque, cosa fare?

(tempo di lettura 1 minuto circa)

 

Come spiegano i vocabolari, la complessità è “Modo di essere o di presentarsi che rende difficile l'orientamento o la comprensione, dovuto per lo più a profondità, minuziosità, disposizione o svolgimento necessariamente complicati.”

In parole più semplici, una cosa è complessa quando è difficile da capire, difficile da fare, o entrambe le cose.
A mio parere, e spero non solo mio, quello dei ragazzi de I cervelli all'ammasso è un problema non solo complesso, ma anche grande, anzi enorme, cosa che aggiunge complessità alla complessità.

Ovvero, fornire un’idea che non è aderente a ciò che la cosa è veramente, quanto è istruttivo e quanto, invece, è fuorviante (Che allontana e distrae dal vero, che induce in errore, che mette fuori strada)?

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(tempo di lettura 3 minuti circa)

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Non so quanti si sono resi conto che la grande quantità di cose che ci vengono offerte “gratuitamente”, soprattutto nel mondo dei sociali e dei midia, in realtà richiedono come minimo una registrazione, con conseguente fornitura di dati personali, e con conseguenti richieste di autorizzazioni al loro utilizzo per scopi che non sono sempre ben chiari, ma che comportano quasi sempre l’impiego a fini commerciali.

(tempo di lettura 1,5 minuti circa)

La complessità

Di fronte ad un problema complesso da una parte, ed una limitata capacità di capire dall'altra, la cosa apparentemnte più facile da fare è semplificare il problema, cosa che invece è tanto più difficile, o impossibile da fare quanto più il problema è complesso veramente.
Infatti, quando si cerca di semplificare una cosa complessa, quello che si fa è spogliarla dei suoi aspetti complessi, finendo così per descrivere una cosa che è solo una lontana parente di quella che andava spiegata; ed una tale azione quale utilità ha?

 E dunque, una tale azione quanto è benefica e quanto, invece, malefica?

Le 1200 parole, la capacità e la volontà di applicarsi

 

Nel mondo della comunicazione, ci si preoccupa tanto più di catturare l’attenzione delle persone, e poi di non perderla, quanto più l’obiettivo è di portarle ad assistere alla pubblicisatana, così da istigarle al consumismo, ovvero a comprare cose anche se non ne hanno bisogno.

 

Analogamente, nel caso della comunicazione scritta, una sorta di dogma è che un testo non deve superare le 1200 parole, perché altrimenti la gente non lo legge; ma con 1200 parole cosa si riesce a spiegare?

 

Per spiegare il significato della parola lavoro, l’enciclopedia Treccani, impiega 2.338 parole, ed a mio presuntuoso parere, alcune questioni importantissime non solo non le affronta, ma non le accenna nemmeno.

 

Tornando al problema de I cervelli all’ammasso, se lo scopo è risvegliare i cervelli, cosa di per sé difficile, se poi bisogna farlo senza superare un certo numero di parole, perché altrimenti l’addormentato si spazientisce, la difficoltà aumenta, per cui quello che mi vien voglia di fare è lasciarlo nella situazione in cui si trova, tanto il problema è suo, mica mio!

 

Poi, però, penso a quei milioni di bambini che muoiono di malnutrizione, di fame o di sete, e mi manca il coraggio di fregarmene!

 

Se i nostri genitori non ci avessero costretti ad andare a scuola, quanti di noi ci sarebbero andati?

 

E se non ci avessero anche obbligati ad ottenere certi risultati, quanti di noi si sarebbero impegnati nello studio?

 

Quelli di cui sopra, però, sono metodi che si possono adottare coi bambini e con gli adolescenti, tanto più quanto più, ad adottarli, sono i genitori o coloro che ne fanno le veci; ma con gli adulti come si può fare?

 

Evidentemente non si può fare; tuttavia esistono i cosiddetti uomini, ed in verità anche donne, di buona volontà, per cui io, almeno la loro attenzione, spero di ottenerla.

 

Ora, una cosa che mi piacerebbe tanto sapere è: il una società come la nostra, le persone di buona volontà quante sono?

 

E quelle che non sono di buona volontà perché non lo sono? Perché non sono in grado di esserlo, perché sono state fuorviate, o perché non vogliono esserlo?

 

E se a quelle che sono già di buona volontà aggiungiamo quelle che vorrebbero esserlo o potrebbero esserlo, a quali numeri arriviamo?

 

Purtroppo, la risposta a questa domanda non so dove trovarla, per cui vado avanti basandomi non su dati concreti ma su sensazioni.

 

Come avrete certamente notato, per ogni brano indico il tempo di lettura, che è quello impiegato dal mio lettore automatico impostato a velocità standard, ed il motivo è di essere leale nei confronti di chi non ha voglia di leggere, facendo non quello che si ritiene ormai normale fare, ovvero non metterlo in guardia, affinché legga anche se non vuole farlo; ma rendergli noto quanto tempo gli richiederà la lettura, così che possa disporre di un elemento di valutazione in più, nel decidere se leggere o non leggere; ovviamente, si tratta di un'arma a dopio taglio perché può avere un effetto sia persuasivo che dissuasivo; ma come scoprirete leggendo i miei scritti, quando è indotta dall'esterno, la persuasione, è una delle cose più disoneste che si possono fare, e che io, quindi, non voglio assolutamente fare!

I miei scritti

 

Per contrastare l’opera di anestetizzazione dei cervelli da un lato, e per provare a risvegliarli dall’altra, ho scritto un libro dal titolo La politica naïf, sottotitolo La rivoluzione Lenta, nel quale, dopo una serie di preamboli e di premesse prodome alla comprensione del prosieguo, analizzo i principali aspetti della nostra convivenza civica; nella parte seguente (La rivoluzione Lenta), descrivo le cose che io farei per rallentare la tendenza negativa in atto, fino a fermarla, per poi invertirla; e nella parte finale espongo tribumondo e gli ideali tribumondisti.

 

La stampa tipografica del suddetto libro può essere ottenuta in lettura gratuita in cambio di una cauzione di € 30 (a me costa € 31,57), che verrà restituita all’atto della restituzione del libro, in condizioni possibilmente non disastrate.

 

La stampa del suddetto libro, fatta in casa da me, può essere ottenuta alle stesse condizioni di cui sopra, con una cauzione di € 5.

 

Le copie del suddetto libro nelle varie versioni informatiche (pdf, eccetera) possono essere ottenute gratuitamente, a mezzo e-posta, inoltrando la richiesta all’indirizzo tribumondo@libero.it.

 

Siccome il suddetto libro consta di 780 pagine, di lettura tutt’altro che facile, ergo faticosa, a fronte delle rimostranze di alcuni lettori, ho deciso di dividerlo in dispense che ho chiamato I Quaderni di Vincenzo, che fino ad ora non hanno superato le 80 pagine ciascuno, ma nei quali si rende necessario ripetere in ognuno un certo numero di cose, a beneficio di chi non ha letto i Quaderni precedenti.

 

I suddetti Quaderni si possono ottenere alle stesse condizioni del libro di cui sopra, e siccome a me, le stampe, costano circa € 2, la cauzione può anche essere di € 0, ma occasionalmente e non sistematicamente, per cui se mi si dà una cauzione di € 2 è meglio, perché mi si aiuta a sostenere le spese; altrettanto ovviamente, se chi desidera un nuovo Quaderno in lettura ne restituisce uno che ha già letto, è dispensato da qualunque cauzione.

 

In definitiva, le cauzioni diventano un prezzo d’acquisto solo nel caso che chi ha preso il libro o il Quaderno in lettura non lo restituisce più.

Perché il sito interrete (internet nc), e non un altro sociale (social nc)

Insomma, siccome ogni cosa ha un costo, nel caso delle cose falsamente gratuite, il costo lo paga la pubblicisatana; ma il denaro dove lo prende?

 

Ebbene, il denaro ce lo spilla quando compriamo le cose, nel cui prezzo è compreso anche il costo delle cose che ci vengono poi spacciate per gratuite le quali, conseguentemente, gratuite non lo sono affatto.

 

Stando così le cose, volendomi proporre ad una platea la più vasta possibile, ma non volendo in alcun modo rafforzare il mio principale nemico, ovvero la pubblicisatana, non ho voluto utilizzare mezzi sedicenti gratuiti che gratuiti non sono, come Facebook e simili, per cui ho afittato uno spazio, alias dominio, a pagamento.

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