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Quello di evidenziare le incongruenze del nostro idioma* in quanto mezzo d’espressione, cioè in quanto mezzo in cui convertire i nostri pensieri al fine di poterli comunicare ad altri, è il filo conduttore che unisce tutti i miei scritti, ed il motivo è che quanto più, nell’esprimersi, si vuole o si deve essere meticolosi ed accurati, tanto più, la prima difficoltà in cui ci si imbatte è, per l’appunto, l’inadeguatezza delle parole.
Per chi non lo sapesse, il significato di SCONCLUSIONATEZZA è “Incapacità di giungere a conclusioni pratiche o anche solo di mantenere un minimo di coerenza logica.”, quello che voglio intendere io, però, è soprattutto la parte in grassetto.
Con inadeguatezza delle parole, infatti, intendo la loro sconclusionatezza, ossia la mancanza di coerenza logica sia dei loro significati in sé, sia per quello che riguarda la rispondenza tra i significati riportati dai vocabolari e ciò che le cose sono veramente, o perché lo sono sempre state, o perché, nel corso degli anni sono mutate.
Ad inventare eo comporre le parole, però, siamo stati e continuiamo ad essere noi umani, per cui la loro sconclusionatezza altro non è che lo specchio della nostra, e questo è anche il motivo per cui, lungi dall’accorgerci di quanto sono sconclusionate, ed a correre ai ripari per porvi rimedio, continuiamo ad usarle disinvoltamente; ma se usiamo parole delle quali, talvolta, non conosciamo nemmeno bene il significato, e se il significato, talvolta non corrisponde alla vera essenza della cosa che la parola indica, il risultato quale può essere?
Il risultato è il FUORVIAMENTO, ed il significato di FUORVIANTE, come spiega il vocabolario, è “Che allontana e distrae dal vero, che induce in errore, che mette fuori strada”.
Come spero che risulti evidente, nonché com’è logico e quindi consequenziale, chi è sconclusionato non può che basare i suoi ragionamenti su elementi sconclusionati; ma non solo, perché essendo sconclusionato, anche lo sviluppo del ragionamento lo è, per cui l’unico risultato possibile, o quanto meno il più probabile, è che le conclusioni a cui arriva non possono che essere sconclusionate a loro volta, e la sconclusionatezza è più facile che risulti accresciuta che non ridotta.
Il RAGIONAMENTO è “Ogni discorso che abbia o presuma di avere un fondamento razionale e una conseguenza logica.”
Il DISCORSO è “ di del proprio pensiero come atto singolo e individuale di comunicazione linguistica.);
A conferma di ciò che ho sostenuto nel § precedente, la definizione di discorso afferma che esso è manifestazione del proprio pensiero come atto singolo e individuale; se si cerca il significato di DISCORRERE, però, lo stesso vocabolario scrive che esso è “Intrattenersi su qualche argomento, per lo più pacatamente; parlare, conversare.”; e dunque, il discorso è un atto singolo e individuale, o una cosa che si fa almeno in due?
Inoltre, come si evince da entrambe le definizioni, tutte le manifestazioni del proprio pensiero sono discorsi, ma non tutti i discorsi sono ragionamenti, ovvero che ragionamenti lo sono solo i discorsi che abbiano o presumano di avere, un fondamento razionale e una conseguenza logica.
Ancora una volta colgo un’incongruità, e cioè che se ragionamenti possono esserlo anche i discorsi che presumono di avere, un fondamento razionale e una conseguenza logica, e che quindi potrebbero non averli, allora ragionamenti lo diventano non solo anche tutti i discorsi, ma anche qualunque riflessione che uno fa tra sé e sé!
Evidentemente, per un’ovvia questione di coinvolgimento emotivo, i più adatti a stabilire se e quanto un ragionamento è tale non sono coloro che li fanno, ma coloro che li ascoleggono*; ma quanto più si vuole ottenere il loro placet (assenso), tanto più si devono fornire il maggior numero possibile di elementi che consentano di farlo, ma anche rendere la verifica della loro veridicità la più agevole possibile, ed eccoci così giunti a LE FONTI DEI DATI E DELLE INFORMAZIONI.
Per il vocabolario, il DATO, nel senso qui inteso, è “Ciascuno degli elementi di cui si dispone per formulare un giudizio o per risolvere un problema.”; io, invece che si dispone, avrei scritto che occorre, perché quanto meno si dispone di TUTTI i dati occorrenti, tanto minori sono le possibilità sia di formulare un giudizio corretto*, sia di risolvere un problema.”; o no?
Sempre per il vocabolario, l’INFIORMAZIONE, nel senso qui inteso, è “Notizia o nozione raccolta o comunicata nell'ambito di una utilizzazione pratica o immediata.”; la NOZIONE, però, è “Dato elementare, riconducibile al momento informativo o sistematico di una conoscenza specifica.”, per cui il dato, l’informazione e la nozione sono la stessa cosa, e questo è il perché, d’ora in avanti, userò sempre e solo uno dei tre vocaboli.
In realtà, quando si inizia un discorso, che non consiste nel pensare tra sé e sé, ma nell’interloquire con altri*, la prima cosa che si dovrebbe fare è chiarire bene di che cosa si vuole o si deve discutere; e siccome la diversità di opinioni comincia anche e soprattutto in quella fase, ossia su qual è la vera essenza della cosa di cui si vuole discorrere; quanto più si fa riferimento ad una fonte terza, super partes, e magari autorevole, tanto più si “parte col piede giusto” e, come dice il proverbio, “chi ben comincia è già a metà dell’opera”.
La stessa cosa di cui sopra, inoltre, vale anche nel corso del discorso, tanto più quanto meno si è certi che coloro che ascoleggono* attribuiscono alle parole gli stessi, identici, significati di colui che scriparla*.
A fronte di quanto sopra, e come avrete già ampiamente notato, i miei brani cominciano sempre, o quasi*, con l’esposizione del significato delle parole cardine, cioè quelle su cui è imperniato il discorso, cosa che faccio anche con le parole non cardine, quando ritengo che sia necessario, o anche solo opportuno farlo.
L’ONESTÀ è “L'integrità morale in quanto si traduce o si manifesta in un comportamento improntato costantemente a caratteri compresi in un ambito che va dalla correttezza alla virtù.”
Io non so se e quanto sono onesto, ma ambisco fortemente ad esserlo, per cui mi sforzo molto di esserlo, e siccome la prima e maggiore interazione tra noi gente* è comunicare, anzi rivolgerci gli uni agli altri, la prima cosa di cui mi sforzo è essere onesto intellettualmente, ossia non mentire, per cui oltre a citare le fonti delle affermazioni che non sono farina del mio sacco, mi sono sforzato di rendere il più agevole possibile la verifica, per voi lettori, di se e quanto, ciò che riporto, corrisponde al vero.
In conseguenza di quanto sopra, le fonti da me più utilizzate ve le comunico una tantum, ed esse sono:
L’Oxford Languages, che è il dizionario eo vocabolario messo a disposizione da due dei più importanti sfogliatori della interrete * (browsers nc);
Wikipedia, che dichiara di essere “un'enciclopedia online (inlinea nc) a contenuto libero, collaborativa, multilingue e gratuita, nata nel 2001, sostenuta e ospitata dalla Wikimedia Foundation, un'organizzazione non a scopo di lucro statunitense.”
La prestigiosa enciclopedia italiana che compare per prima tra i risultati delle ricerche nella interrete, nonché quella dalla quale sembra aver attinto l’Oxford Languages.
Quando la fonte non è specificata essa è l’Oxford Languages.
Quando le citazioni sono testuali sono scritte in corsivo e, a seconda delle opportunità ai fini della comunicazione, possono anche essere in grassetto, eo* sottolineate, eo in MAIUSCOLO.
Sempre come avrete già ampiamente notato, molto spesso non sono affatto d’accordo né con le suddette fonti né con eventuali altre, per cui non esito sia ad esporre ed argomentare i perché delle mie critiche, sia ad esporre le le proposte alternative.